eredita

La volontà testamentaria di un genitore può esprimere, a propria scelta, di diseredare un figlio. La legge pone però dei limiti che bisogna conoscere per non rendere inapplicabili le condizioni poste nel testamento. Prima di tutto, è bene precisare che il nostro codice civile riserva a ciascun figlio una quota dell’eredità di ciascun genitore: nell’eredità sono compresi anche i beni di cui è data disposizione per la donazione in vita.

Quindi, se un genitore ha più figli e attribuisce ad uno solo la destinazione del bene, ad esempio la casa, si rischia la citazione in giudizio degli altri fratelli per ottenere quanto gli spetta di diritto. La suddetta situazione si verifica in pari modo sia che ciascun genitore disponga per testamento, sia che stipulino un atto di donazione della casa comune a favore di un solo figlio o di altri figli. Al figlio o ai figli spetta la riserva della quota di legittima, ad eccezione però in cui sono presenti casi di indegnità previsti dall’articolo 463. Secondo questi casi un genitore può diseredare un figlio.

Casi dell’articolo 463 che permettono al genitore di diseredare un figlio

Solo i casi indicati nell’articolo 463 permettono al genitore di escludere un figlio dall’eredità e di poter disporre della sua diseredazione tramite testamento. Si tratta delle cause di indegnità indicate nel codice civile, che possono essere suddivise in due gruppi.

Al primo gruppo appartengono le condotte del soggetto che il genitore vuole diseredare: si tratta di colpe gravi commesse verso la persona del de cuius o verso il coniuge, il discendente o l’ascendente di questo, quali l’omicidio o il tentato omicidio, l’istigazione al suicidio, la calunnia o la falsa testimonianza e la decadenza dalla potestà genitoriale.

Al secondo gruppo appartengono le condotte da cui può conseguire l’indegnità, che consistono in alla libertà di testare del de cuius o al testamento dello stesso. Ecco nel dettaglio i casi in cui un genitore può diseredare un figlio:

1) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta o il coniuge o un discendente, o un ascendente della medesima (Cod. Civ.801), purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale (Cod. Pen. 45 e seguenti);

2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge penale dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio (Cod. Pen. 397, 579, 580);

3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale (Cod. Pen. 368); ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale (Cod. Pen. 372);

4) chi ha indotto con dolo (Cod. Civ. 1439) o violenza (Cod. Civ. 1434) la persona della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento o l’ha impedita;

5) chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;

6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

L’indegnità ha carattere relativo e affinché sia disposta è necessaria la pronuncia del Tribunale che può rendere nulli gli effetti dell’accettazione. L’indegno può comunque essere riabilitato (v. art. 466 del c.c.).